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L’Égalité

extrait de la version de L’iconologia de Cesare Ripa (1555-1622),
publié en 1603
Traduction contemporaine de Gerald Tocoguiton

Une femme tenant de sa main droite une balance d’argent et de la gauche un nid où se trouve une hirondelle et ses petits qu’elle nourrit.

La balance désigne la rectitude et la véritable justice qui donne à chacun ce qu’elle leur doit.
Quant à l’hirondelle dans son nid il en va comme suit : chez les égyptiens on attendait de l’homme qu’il distribue son héritage également entre ses fils. Et un prince en fera de même pour la nourriture, les vêtements et les commodités quand il ne veut pas dépasser ses citoyens. Tout comme l’hirondelle qui ne donne jamais le double à ceux qu’elle a déjà nourri.

L’empereur Adrien cherchait tant l’égalité qu’il prenait garde dans ses repas familiaux à la coutume d’Homère, que nul ne manque du même genre de nourriture, en commandant bien souvent des menus mêlant des mets communs et propre au pauvre afin d’éliminer tout occasions pour ceux qui mangeaient avec lui de faire preuve d’arrogance, ou d’autres sentiments semblables, qu’on ne puisse associer la délicatesse des mets à celle qui régnait en lui.

Il savait bien que concilier l’esprit du peuple comptait pour le prince autant que le decorum et la majesté du sceptre unis.

Il faisait spectacle de son égalité avec tous. Ôtant à la puissance de son caractère odieux, la faisant modérée comme ici, aimable et bienveillant. À ce titre, les carthaginois, grand amateur d’égalité, exigaient que dans la ville les facultés et les possessions soient égales pour chaque citoyens, afin d’éliminer l’envie et la haine entre eux comme le raconte Aristote au chapitre 2 de la politique 5, bien que finalement on ne puisse approuver entièrement que les plus précieux et les nobles connaissent la même fortune que les vils et les plébéiens, ainsi naisse bien des rixes et des querelles entres eux. Mais si l’on considère bien, en cherchant le plus grand bien de la cité ou République qui s’en suit, ce qui dépasse l’égalité est dommageable pour la cité ou la République.

texte original

Ugualita

Donna che con la destra mano tenga un paro di bilancie, e con la sinistra un nido, che vi sia una rondine con i suoi figliolini, a i quali porga il cibo.
Per le bilancie si denota la retta, e vera giustitia, che da a ciascuno quanto deve.
Per la Rondine nel nido, come sopra, li Egittii intendenano un huomo quando a suoi figliuoli ugualmente distribuisce l’eredita. E parimente un Principe, quando nel vitto, vestido, e commodi propii non voglia superare, ma uguagliarsi a quei de suoi cittadini. A guisa della Rondine, che mai non raddoppia il cibo a chi lo habbia una volta dato, ma ugualmente pasce, e nutrisse con ugualita a tutti suoi rondini.

Di questa ugualita talmente ne fu studioso Adriano Imperatore, che nel suo famigliar vitto volse offeruar quel costume d’Homero, che a niuno mancasse il medesimo cibo ordinando ben spesso, che alla sua Mensa fusero posti cibi comuni, e propri di povere persone per levar ogni occasione a quei, che seco mangiavano, di superbia, o d’altro simile, che dalla delicatezza delle vivande havessero potuto arguire regnare in lui. Che sapeva molto bene, che per conciliarsi gli animi de popoli niente piu giouava al Principe, che col decoro, e Maesta dello Scettro unire, e far mostra con tutti di simil ugualita. Sendo la potenza di sua natura odiosa, che moderata come sopra si fa amabile, e benigna. Per questo Falea Cartaginese grandissimo amatore dell ugualita ordino che nella citta le faculta, e le possessioni sussero eguali a ciascuno de cittadini per levar l’invidia, et odio fra di loro, come riferisce Artistotle. nel 2 della Politica al cap. 5. benche nel fine non l’approvi interamente non comportando i piu preagiati, e nobili di correre la medesima fortuna con i vili, e plebei, da nascere percio ben spesso risse, e brighe fra loto. Ma se se confidera rettamente ove si cerca l’ugualita per sommo bene della citta, o republica ne segue, che cio, che eccede detta ugualita sia di danno alla detta citta, o Republica. Onde su stimato, che un huomo di perferttissima virtu fusse nociuo per la sua superiorita, e fopressistenza degli altri. Che percio i Greci inventori d’ogni bel costume civile, e particolarmente gli Atheniesi sapendo, che per esser nocivo meritava castigo, ma il castigare un uomo per sue troppe virtu, sarebbe stato un commettere peccato; Percio ritrovarono una pena honorevole conveniente a reprimere il loro giusto, o ingusto soperto, che havessero dell Ecellenza di quel vu-irtuoso, e di gagliardissima conplessione si scemasse del cibo et haverre per uso di cavasi del sangue per non cadere in que disetti, ne quali sogliono cadere molti per la molta robustezza di loro forze. Cavandosi quasi da plutarco, mentre parlando delle ostracismo dice, che di questo come medicamento soleva feruirsi il popolo a certo tempo ordinato, confinando per X. Anni fuor della Citra quel Cittadino, che avanzava gli altri, o di gloria, o di ricchezze, o di reputatione, per la quale era havuto per sospetto nella Citta. Punendo du questa pena solo le persone illustri. Anzi il medesimo Autore soggiungendo dice, che iperbolo huomo scellerato cercando di far punire di simil pena uno de tie gran Cittadini Ateniel Feace, Niccia, e Alcibade cadde contro sua natura la pena sopra il capo di detto Iperbolo insolente similigenti ignobile, e basse ad esse punite di simil pena, anzi accortisi esser stata violata tal pena nella detta persona levarono poi via l’ufanza di quella

Onde su stimato, che un huomo di perferttissima virtu fusse nociuo per la sua superiorita, e fopressistenza degli altri. Che percio i Greci inventori d’ogni bel costume civile, e particolarmente gli Atheniesi sapendo, che per esser nocivo meritava castigo, ma il castigare un uomo per sue troppe virtu, sarebbe stato un commettere peccato; Percio ritrovarono una pena honorevole conveniente a reprimere il loro giusto, o ingusto soperto, che havessero dell Ecellenza di quel vu-irtuoso, e di gagliardissima conplessione si scemasse del cibo et haverre per uso di cavasi del sangue per non cadere in que disetti, ne quali sogliono cadere molti per la molta robustezza di loro forze. Cavandosi quasi da plutarco, mentre parlando delle ostracismo dice, che di questo come medicamento soleva feruirsi il popolo a certo tempo ordinato, confinando per X. Anni fuor della Citra quel Cittadino, che avanzava gli altri, o di gloria, o di ricchezze, o di reputatione, per la quale era havuto per sospetto nella Citta. Punendo du questa pena solo le persone illustri. Anzi il medesimo Autore soggiungendo dice, che iperbolo huomo scellerato cercando di far punire di simil pena uno de tie gran Cittadini Ateniel Feace, Niccia, e Alcibade cadde contro sua natura la pena sopra il capo di detto Iperbolo insolente similigenti ignobile, e basse ad esse punite di simil pena, anzi accortisi esser stata violata tal pena nella detta persona levarono poi via l’ufanza di quella